Il mio primo viaggio in Albania

di Frida Uruci

Viaggio In Albania Frida

Il viaggio in Albania, di Frida Uruci

Queste foto sono state scattate 12 anni fa. Era agosto del 2007, ritornavo in Albania dopo tanti anni, stavolta in due, con il mio (ai tempi) fidanzato, italiano, capelli lunghi, maggiorenne e vaccinato, nato in Viale Certosa e cresciuto nella nebbiosa provincia milanese.

Io tornavo a casa, lui era al suo primo approccio con i Balcani.

Si, era vaccinato ma in Albania risulterà tutto inutile, perché non puoi vaccinarti all’folklore. Questo è come una danza, se la sai ballare ti diverti, se no inciampi, cadi e ti calpestano.

Il folklore è spietato.

Il folklore non perdona.

Fa caldo in Albania, e bisogna subito fare pace con il sudore quando si sta all’aperto.

Le strade sono piene di bar molto belli e gente giovane. Noi camminiamo a piedi per respirare la vera vita di Tirana, vogliamo sentire tutti i rumori, gli odori, vogliamo fare parte del caos, vogliamo essere in tutti i luoghi e in tutti i laghi…

Insomma questa Tirana non è male, io rivedo amici di vecchia data e introduco il forestiero nella mia vita passata. Il milanese sembra contento, è più alto della media e tutti ridendo glielo fanno notare con dei paragoni assurdi. Lui risulta simpatico dietro il sorriso di chi non capisce se lo stanno prendendo in giro, o gli fanno dei complimenti. Ovviamente siamo in Albania, bisogna ricordarselo sempre. È un attimo che ti sequestrano, ti derubano, ti ammazzano. Occhi aperti insomma… e se vedi più di due uomini albanesi assieme, è meglio mettersi in contatto con l’ambasciata e la Farnesina.

Chiaro no…

Si mangia bene in Albania, e il milanese in alcuni ristoranti ordina anche un piatto per di tutto il menù. (capirai, costano dai 3-5 € al piatto)

Capita che in un fast-food un signore divide il suo panino con le polpette a metà e glielo offre dopo avere sentito che l’ultimo di quei panini quello che voleva il ragazzo italiano, lo aveva preso proprio lui. Il milanese quasi si commuove, questi albanesi fanno quasi tenerezza.

Ma la gioia del panino finisce in fretta, anzi non raggiunge nemmeno lo stomaco che quasi gli ritorna in gola su quel furgone – taxi condiviso partito da Elbasan verso Saranda, che saltella tra buche e curve. È una macchina probabilmente rubata e il tassista è un macellaio in realtà, penserà il milanese. Le curve sono fatali su quella macchina carica il doppio dei posti, e l’assenza dell’aria condizionata può essere considerata un crimine contro l’umanità anche dalle galline del contadino seduto in fondo che cantano rifiutandosi di ascoltare la radio che trasmette musiche balcaniche.

È tutto molto albanese avrà pensato il milanese.

Il panorama fuori cambia spesso, si passa in mezzo alle montagne e si scende verso il mare. Il viaggio biblico finisce davanti al colore turchese trasparente del Mar Ionio dove il forestiero si tuffa per lavarsi dal peccato commesso per essere andato contro il padre che vota la Lega il quale al sentire “Albania” aveva già mostrato i primi segni di squilibrio mentale, poi associato alla parola “vacanza” gli sembrava davvero un’assurdità la scelta del figlio.

Ma adesso ci si rilassa, un bel bagnetto e un po’ di acqua fresca per spegnere ogni dubbio. Oh no…. l’acqua contiene dei minerali sconosciuti alla flora intestinale dello straniero ed ecco che arriva la febbre che tocca il 39 e la Tachipirina sembra sia una caramella. La guardia medica di Himara è vicina e l’infermiera è molto gentile. Sotto il camice bianco indossa una minigonna colorata che attira l’attenzione più dell’ago della flebo nel braccio del milanese il quale mi riferiscono ha preso un virus che colpisce le fasce deboli: bambini e anziani. “Una notte e passa tutto, lei torni pure al mare, al suo fidanzato ci pensiamo noi signorina” e l’infermiera mi accompagna fuori quasi come persona non gradita.

La sera gli porto una minestrina con del pollo che aveva preparato la titolare del B&B dove dormivamo, con tanto di rimproveri nei miei confronti per essere andata al mare mentre il mio fidanzato stava nel letto della morte…il lutto non sembrava poi così lontano, l’aeroporto invece sì.

Sostituendo l’acqua con la coca cola o la birra, abbiamo risolto il problema dei minerali sconosciuti, e il milanese da giallo iniziò a diventare nero, scoprendo così di essere meno ariano della fidanzata che veniva dal sud, tanto che a volte lo scambiavano per nordafricano o mediorientale quando prendeva l’iniziativa di andare da solo a comprare qualcosa da bere, pagandola ovviamente dieci volte tanto.

La vacanza era ormai entrata nel vivo e la costa sud dell’Albania per noi non aveva più segreti. La condividiamo solo con qualche famiglia di cinghiali che a volte seguivano incuriositi “il diverso”, non si sa’ bene per quale motivo.

Calette deserte dal mare spettacolare, silenzio e natura incontaminata, animali che pascolavano liberi e profumo di vita semplice. Da Saranda a Valona la natura dava spettacolo e noi eravamo tra i primi spettatori fortunati a godercelo. Tra i vicoli stretti della città millenaria di Berat, una signora anziana si affaccia sulla porta di casa e ci allunga un piatto con il dolce Llokum, ci abbraccia e ci lascia andare con un sorriso prezioso come i 2600 anni di storia di questa città patrimonio culturale dell’UNESCO.

Berat, Albania

I giorni volano e le tre settimane si avvicinano alla fine. Bisogna rientrare verso la capitale e mio zio potrebbe darci uno strappo in macchina una volta scesi dal pullman. Ottima idea, ma lo zio ha avuto un imprevisto e un suo amico è pronto a sostituirlo. È un tipo tosto l’amico, mi cerca alla stazione urlando il mio nome come neanche mia madre quando mi ha partorita ha fatto. Il mio sorriso divertito si blocca davanti agli occhi allucinati del milanese che salendo in macchina nota che l’uomo non aveva la chiave per accenderla, ma solo due fili.

La macchina puzzava di fumo, sudore, petrolio e di morte. I km erano il countdown della fine eroica di un italiano in Albania.

Gabriele Salvatores era già stato informato della storia e stava scrivendo la sceneggiatura del suo prossimo Oscar.

Barbara d’Urso dopo anni avrebbe trattato il caso “con il cuore” nel suo salotto TV.

L’Italia avrebbe dichiarato guerra a l’Albania.

La storia del futuro di questi due paesi, si stava scrivendo su quella macchina. La parte albanese era curiosa di sapere come la parte italiana si era trovata in Albania, ma quest’ultima si congedò senza commenti, attaccata alla portiera chiedendo di fermare la macchina perché voleva camminare a piedi.

A piedi con le valigie?! Sotto 40 gradi?! In salita per chilometri e chilometri?!

Gente strana sti italiani…ma noi siamo un popolo ospitale e col cavolo che ti lasciamo andare a piedi. L’amico dello zio era un uomo di parola. “Ho promesso a tuo zio di portarvi a casa e vi ci porterò” punto.

Il milanese pensava di essere già morto e che questo fosse l’inferno.

Io ridevo, rido tutt’ora mentre guardo le foto di tante persone che quest’anno hanno scelto di passare le vacanze estive nella terra delle aquile. Poco fa ho chiamato il mio ex fidanzato (ormai marito) per chiederle cosa gli veniva in mente dei viaggi fatti in Albania. Peccato non possa mandarvi la lunga risata che si è fatto quando gli ho detto: sto scrivendo una recensione sul nostro primo viaggio in Albania!

#albania #shqiperi

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